MATTINO CASERTA
Dir. Resp. Roberto Napoletano
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Edizione del 04/12/2024
Estratto da pag. 24
Furti d`arte, una "Carta archeologica" per difendere la storia - Furti d`arte, la carta archeologica...
Furti d’arte, una “Carta archeologica” per difendere la storia L’intervento FURTI D’ARTE, LA CARTA ARCHEOLOGICA... I l caso più eclatante è certamente quello dei cosiddetti “Elgin Marbles”, i preziosi marmi del Partenone che Lord Elgin rubò in un momento in cui quest’azione non veniva ancora considerata un furto, per portarli a Londra, dove sono ancora oggi. La Grecia li reclama a gran voce: invano! E si capisce, d’altra parte, che se Parigi (regina dei ladroni d’arte!), Londra o Berlino cominciassero a restituire ai rispettivi Paesi il mal tolto, resterebbe ben poco. Il “Louvre” senza la Gioconda, il “Pergamonmuseum” di Berlino senza l’altare di Pergamo (II secolo a.C.) o la Porta di Ishtar, il grandioso portale che nel VI secolo a.C. dava accesso alla città di Babilonia. E che dire del Museo Archeologico di Napoli senza i mosaici pompeiani o l’Afrodite di Capua, il Corridore del Cila e via dicendo in un elenco che potrebbe essere lunghissimo? Possiamo far cominciare la storia da dove vogliamo: dal re assiro Assurbanipal che nei bassorilievi del palazzo di Ninive ci racconta come, dopo la presa di Susa (714 a.C.), abbia deciso di rubare tutte le opere d’arte della capitale degli Elamiti, ma possiamo anche cominciare dal console romano Lucio Emilio Paolo che dopo la battaglia di Pidna nel 168 a.C. portò a Roma e fece sfilare durante le celebrazioni del suo trionfo ben 250 carri con la biblioteca e le collezioni del re sconfitto Perseo di Macedonia. Segue a pag. 24 O possiamo partire più correttamente da Napoleone che decise che l’imperatore del mondo (quale egli si sentiva) aveva il diritto di portare a Parigi le opere d’arte del mondo intero e a tal fine inviò in giro per l’Europa e il Mediterraneo un fine intenditore come Vivant Denon che prese tutto quello che poté prendere e lo “portò a casa”. Poi c’è il doloroso capitolo dei veri e propri “mariuoli” , quelli che distruggono un sito archeologico per quattro vasi, com’è accaduto nell’area fra San Felice a Cancello e Acerra, quelli che strappano un affresco e lo tagliano a pezzi per poterlo rivendere meglio, come sta accadendo da anni a Cipro dove i turchi, che occupano l’area Nord dell’isola, trasformano le antiche chiese in garage e bottegucce. Potremmo continuare a lungo, ma mi fermo per dire che questi ladri non sono “simpatiche canaglie”, sono mariuoli della peggiore specie perché, in realtà, ciò che rubano è la nostra storia, sono le nostre radici. Vero è che i nostri Musei sono strapieni di reperti e spesso gli oscuri e sconosciuti depositi sono più “ricchi” dei Musei stessi, vero è che da tempo da più parti si chiede di trovare una formula giuridicamente valida per dare in comodato, in lungo prestito, non so, gli oggetti più ripetitivi per esempio, mentre gli archeologi lanciano alti lai alla sola idea. I Comuni dovrebbero essersi dotati da tempo di una Carta Archeologica (la definizione è imprecisa, ma chiara) che permetterebbe di sapere cosa c’è e dove: quanti Comuni hanno questa Carta? Che ne è dell’archeologia preventiva che dovrebbe evitare di dare la licenza per costruire un supermarket nell’area di una villa romana? I mariuoli hanno vita “facile”? Non proprio perché i reparti specializzati di polizia e carabinieri da decenni li inseguono dappertutto, spesso con successo, perché hanno passione, competenza e cultura per farlo. Non dimentichiamo, infatti, che, come scrive Noemi Perlingieri, i «tesori artistici sono oggetto di appetiti che accomunano i grandi del passato ai boss della criminalità organizzata, i collezionisti più raffinati ai terroristi. Quando l'arte va a ruba è una tragedia: ci si scontra con filiere di trafficanti che si muovono da padroni sullo scenario internazionale, normative diverse dei singoli Stati, intrecci burocratici e diplomatici». In Italia nel 2019 i “carabinieri dell'arte" hanno sequestrato quasi 46.000 reperti frutto di scavi clandestini. Oggi i "carabinieri dell'arte" riportano a casa oltre la metà degli oggetti rubati. Ricordo che in quest’ambito l’Italia è all’avanguardia: il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è stato istituito nel 1969, precedendo la Convenzione Unesco di Parigi del 1970, e funziona. Per capire e far capire, per rendere omaggio allo straordinario lavoro delle forze dell’ordine abbiamo dato vita a un ciclo di seminari, tra dicembre e maggio, cominciato ieri a Piedimonte Matese e che si terranno in molte città e scuole della provincia e abbiamo potuto farlo grazie alle straordinarie competenze di Carmine Esposito, che della tutela del bene comune in tutte le sue forme ha fatto una ragione di vita, Noemi Perlingieri, studiosa di altissimo livello, e Mariano Nuzzo, esperto superlativo dei nostri beni storico-artistici. *Presidente Club Unesco Campania © RIPRODUZIONE RISERVATA ---End text--- Author: Jolanda Capriglione* Heading: L’intervento Highlight: Image:Mariano Nuzzo e Jolanda Capriglione -tit_org- Furti d’arte, una “Carta archeologica” per difendere la storia Furti d'arte, la carta archeologica... -sec_org-